WOMAN's JOURNAL

Punti di vista: si può imparare dalle culture indigene

“Come possiamo insegnare una nuova storia non sessista, non violenta e interreligiosa?” È questa la prima domanda a cui vuole rispondere il convegno Culture indigene di pace. Ri-educarsi alla partnership! organizzato dall’associazione Laima a Torino dal 26 al 28 aprile.

L’idea è che si può imparare dalle culture indigene egualitarie e matriarcali, anche per trovare gli strumenti per affrontare il problema della violenza di genere e degli squilibri nei rapporti tra i sessi. Secondo gli organizzatori, Morena Luciani e Alessandro Bracciali,

“ri-educarsi alla partnership” non significa solo ricercare la parità di genere […] ristabilire un’uguaglianza tra tutti gli esseri viventi e una dimensione eco-spirituale in cui il mondo torni ad essere percepito come Madre. Le testimonianze e gli studi specifici confermano che la pace si raggiunge all’interno di una società non sessista e non gerarchica […]. Per questo vogliamo approfondire i valori educativi che sorreggono questi modelli sociali.

Saranno presenti, tra gli altri, Rosa Martha Toledo Martinez, artista e portavoce della comunità messicana Juchiteca; la scrittrice, ricercatrice e attivista americana Genevieve Vaughan; Ana Maria Estrada, insegnante e direttrice della scuola Montessori di Kyle (Texas); la scrittrice Riane Eisler, autrice de Il calice e la spada e Il piacere è sacro; la scrittrice e attivista Starhawk; Miriam Subirana, autrice di Complici. Liberi dai rapporti di dipendenza, e Francesca Rosati Freeman, studiosa della società matriarcale dei Moso, autrice di Benvenuti nel paese delle donne.

Il convegno si terrà al Palaginnastica di Torino, in via Pacchiotti 71, e prevede conferenze e workshop durante i quali si parlerà di educazione e metodi formativi, dell’influenza del linguaggio e della mitologia sui comportamenti e di decrescita.

È un punto di vista di cui si sente parlare raramente e che può essere interessante approfondire o conoscere.

 

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L’amore in webcam. Una mostra di Donatella D’angelo

di Valeria Vaccari

Il 14 febbraio Donatella D’Angelo ha presentato a Milano, presso lo spazio Winters Hair Concept di via Lecco 2, un progetto fotografico che farà discutere per il tema scottante: l’amore in webcam. Intitolata La carne chiede coraggio in cambio di fede, la mostra è curata da Q Connection e sarà aperta fino al 16 marzo. Da molti anni D’Angelo lavora sul tema del nudo, attraverso la pittura, il collage e l’elaborazione digitale. Donne sirene, donne angelo, particolari del corpo prendono vita attraverso il bianco e nero o il colore. Con una buona dose di ironia e autoironia.

Negli ultimi dieci anni, in Italia abbiamo assistito al diffondersi delle video chat, dei siti pornografici gratuiti e a pagamento che promettono attraverso il filtro dello schermo l’accesso a contenuti allettanti e provocatori. La velocità di veicolazione delle immagini attraverso internet ha cambiato completamente le leggi del desiderio, le regole dell’attesa e la soddisfazione sessuale, anche all’interno della coppia. Chiunque può postare un video erotico amatoriale, condividerlo sui social network, spedirlo via mail alla persona amata.

E se qualcuno di noi trovasse il suo compagno o la sua compagna, in una chat erotica? Cosa spinge queste ragazze a spogliarsi davanti ad una webcam, nell’intimità della loro casa, di fronte ad un pubblico pagante? Cosa le induce a travestirsi, a mostrarsi in mezzo ai peluche, a ostentare tatuaggi o impugnare giocattoli erotici? Esibizionismo, bisogno di soldi, costrizione? Potere o impotenza?

Donatella D’Angelo fotografa lo schermo dal quale le ragazze ammiccano al cliente, chattano interagendo con lui, in una pantomima irreale e fasulla. Ma chi sono i frequentatori di queste chat? Da dietro una scrivania, dopo l’orario di lavoro gli uomini accedono a questo universo parallelo, celandosi con un nickname e condividendo questa escalation erotica. Sono professionisti, studenti, pensionati, single di lungo corso, o semplici curiosi (informazioni da Psicolinea). Donatella documenta la quotidianità di certi gesti, il sottile menefreghismo di queste ragazze che mentre si spogliano cucinano, ascoltano la musica, fumano una sigaretta come se fossero completamente estraniate da quello che stanno facendo.

Nelle interviste, le webcam girls dichiarano di vendere la propria immagine, un’immagine esposta e fasulla. Come una sorta di schizofrenia, di sdoppiamento. Sono certe che questo lavoro non abbia cambiato la loro percezione del sé, è un modo semplice e quasi indolore di guadagnare soldi. Tuttavia viene da chiedersi se sia moralmente lecito vendere il proprio corpo online, se il mercato della pornografia non si sia impadronito di certe pulsioni umane per trarne profitto. Viene altresì da domandarsi quanta solitudine ci sia dietro coloro che le frequentano, se non rischi di diventare un’ossessione compulsiva che li estranei completamente dal mondo fatto di donne in carne ed ossa. Oppure è solamente un gioco di ruolo, nel quale non è chiaro chi sia la vittima e chi il carnefice?

L’artista non esprime giudizi, vuole documentare una realtà. Fotografa l’atteggiamento, la comunicazione non verbale, la dimensione estetica. L’immagine viva porta a riflettere, a porsi delle domande, più che a scandalizzarsi. E attenzione perché dietro ad ogni spettatrice o spettatore della mostra, può esserci una webcam…

Donatella D’Angelo, nata a Milano, è docente di Packaging Design alla Fondazione Accademia di Comunicazione a Milano. Arrivata all’arte passando dalle lingue, negli anni ’80 ha lavorato per diversi studi grafici. Più di recente ha iniziato numerose collaborazioni freelance nelle arti visive, nella scrittura e nella comunicazione. Ha illustrato libri e manuali, organizzato laboratori creativi per bambini delle scuole elementari, ragazzi delle medie e adulti. Negli ultimi anni ha intrapreso un lavoro di ricerca fotografica personale e autobiografica che ha come soggetto principale il corpo e l’identità.

 

Foto: Donatella D’angelo.

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Hollaback Italia: combattiamo insieme le molestie in strada

Quale donna, ragazza e forse bambina camminando per strada da sola non si è sentita gli occhi addosso invadenti di un uomo? Quella sensazione costante di paura e di fragilità. Un movimento partito dagli Stati Uniti e ora arrivato anche in Italia vuole sollevare il problema delle molestie in strada. Si chiama Hollaback, e sul sito http://italia.ihollaback.org/home/ sta raccogliendo le storie. Sono storie in cui ci si può facilmente identificare. Purtroppo essere donna, vuol dire anche doversi sentire deboli e indifese. Con Hollaback possiamo sentirci meno sole…ma quali soluzioni si possono adottare per combattere il problema?

Offertona alla fermata della 90 a Milano

Rientravo da casa di un’amica, aspettavo la 90 per far due fermate e andar a casa per studiare. Erano circa le 22, avevo i miei cuffioni, le mie canzoncine indie alle orecchie e la sigaretta in mano. Vedo avvicinarsi un uomo sulla trentina, mi fa dei gesti strani. Penso subito che voglia chiedermi una sigaretta in cambio. Faccio per dargliela, e lui fa “No, no” con il dito, e, sempre a gesti, mi chiede di togliere le cuffie. “Vorrà un’informazione”, penso. Continua a leggere su Hollaback

Francesca, 16 anni

Io di brutte storie di questo genere, nonostante abbia appena 16 anni ne ho subite parecchie.
Le più brutte sono state due che penso non dimenticherò mai per tutta la vita.
Premetto che io ho cominciato a svilupparmi a 13 anni, a 14 anni avevo già le fattezze di una ragazza più cresciuta.
Quindi, estate del 2010, stavo percorrendo una strada a piedi di 4 km, sembrava non arrivare mai la fine, non riuscivo a capire come potesse essere così lunga, mi sembrava infinita, tra i clacson e i fischi che mi arrivavano dalle macchine. Continua a leggere su Hollaback

La storia di Michela Murgia: “Quella volta che ho fatto il drag king”

Cinque anni fa a Roma ho partecipato a un laboratorio di drag king organizzato da una chiesa evangelica nell’ambito di un campo scuola per gay e transgender cristiani. Il drag king è una persona di sesso femminile che si sottopone a ore di trucco e travestimento per arrivare a ottenere un aspetto che la avvicini il più possibile a quello di un uomo. Gli scopi possono essere molti: il piacere di stupire, la voglia di esibirsi a uno spettacolo specifico con musiche, balli e canti, ma anche solo esprimersi diversamente per un giorno nella vita, magari andando a fare la spesa. Non è una cosa facile da fare: ci vogliono ore, esperienza, aiuto e moltissima pazienza: il risultato è realistico, non enfatico come la femminilità delle drag queen. Continua a leggere su Hollaback 

Chiara: “perché non posso camminare tranquilla per le strada senza dover pensare che ogni persona che mi segue sia un potenziale molestatore?

Tornavo dal lavoro, erano le 8 di sera, era buio e pioveva. Nel brevissimo tratto a piedi dalla metro a casa incrocio diverse persone che vanno nella direzione opposta, tra cui uno che mi sembra rallentare quando mi vede. Non ci faccio molto caso.

Davanti al portone di casa, mentro sto girando la chiave nella serratura, mi trovo di fianco un uomo anonimo sulla trentina, che mi guarda come se volesse entrare dopo di me. Immagino che abiti nello stesso palazzo – non conosco quasi nessuno dei condomini – e lo faccio entrare. Vado in ascensore, e lui entra con me anche lì; l’ascensore è molto piccolo, ci stanno a malapena due persone. Gli chiedo a che piano va, e lui dice: “l’ultimo”. Schiaccio il pulsante, ma il panico mi assale subito quando realizzo che all’ultimo piano abito solo io. Nella mansarda sopra di me abita un signore anziano che conosco di persona. Nel panico, guardo davanti a me e cerco di capire cosa fare. Lui mi guarda e dice: “che belle gambe che hai, sono sexy, le voglio toccare”. (avevo una gonna con delle calze spessissime nere). Io gli dico: “è chiaro che non abiti qui. Continua a leggere su Hollaback

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Corpo avido e commestibile: la fotografia di Manuela De Merito / BLOG WOMAN’S ART

[di Giovanna Lacedra]

Un corpo commestibile e al contempo affamato. Che pure inghiottendo resta inappagato.

Corpo esposto e poi schermato. Glabro o adulterato.  Beffardo di se stesso. Divorante e divorato.

Negli scatti della De Merito il corpo – in particolar modo quello femminile –, si espone a volte in una nudità scomposta, altre volte in nodi eccentrici di pudore. È un corpo che si rompe in imprendibili dettagli (come nella serie “Mine”) o che si blinda in abiti dalle vivide cromie anni ‘60 (come nella serie “Consuming Time”).  In ogni caso è sempre un corpo che cerca, che ha fame e che smania. E parimenti è un corpo-corazza. Leggi il seguito di questo post »

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L’anima stratificata nei disegni di Emila Sirakova / BLOG WOMAN’S ART

[di Giovanna Lacedra]

Veli di lieve ed incisivo sentire. Trasparenze pervase di giochi chiaroscurali. Sono gli strati di carta oleata su cui Emila Sirakova – artista di origine bulgara –, traduce di ogni donna l’anima stridente. Leggi il seguito di questo post »

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Lavoratrici in bianco

di Gaia Nina Marano

Tra le tante novità introdotte dalla riforma del lavoro (Legge n. 92/2012) a firma del Ministro Fornero, vi è anche quella riguardante le dimissioni in bianco.

Le dimissioni in bianco sono state per lungo tempo una triste consuetudine italiana. Accadeva, infatti, che il lavoratore, in coincidenza con la propria assunzione, venisse “invitato” a sottoscrivere anche le proprie dimissioni, pur senza indicazione della data. In tal modo, il datore di lavoro, a fronte di una malattia, un infortunio, un comportamento sgradito, o – nel caso più diffuso – una gravidanza, poteva semplicemente riempire il documento con la data desiderata ed aggirare la normativa sui licenziamenti. Leggi il seguito di questo post »

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Bambole in carne e ossa

di Luisa Perona

Chi è Natasha Walter? È una giornalista inglese che negli ultimi dieci anni si è occupata di femminismo. Per Virago UK ha pubblicato Bambole viventi. Il ritorno del sessismo, tradotto in Italia da Ghena. Il libro è nato dall’esigenza dell’autrice di

mettere in discussione la promozione dell’esasperata femminilità tra le donne dell’attuale generazione […] la cultura claustrofobica che insegna a molte ragazze che è soltanto attraverso lo sfruttamento della loro attrattiva sessuale che avranno modo di affermarsi”

come si legge su Books Blog.it. Walter aggiunge: “Certamente ogni donna deve poter scegliere se accollarsi ogni aspetto dello stereotipo femminile”. Il suo saggio nasce da conversazioni e interviste con donne di cultura anche diversa, con vite ed esperienze talvolta opposte. Chissà cosa sarebbe stato Bambole viventi se la scrittrice avesse incontrato Anastasiya Shpagina, Dakota Rose, Venus Palermo e Valeria Lukyanova. Leggi il seguito di questo post »

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I sistemi giuridici confessionali: l’Islam

di Gaia Nina Marano

Quando parliamo di Islam siamo soliti pensare ad una religione, una cultura o ad una ideologia. Tale ricostruzione, per quanto non sbagliata, è tuttavia incompleta. L’Islam, infatti, con il suo complesso intreccio di regole spirituali e temporali, ha dato vita ad un vero e proprio ordinamento giuridico.

La Sharia, traducibile come “legge divina” o “via da seguire”, affianca, alle norme teologiche e morali, le norme giuridiche di diritto privato, le norme fiscali, penali, processuali e di diritto bellico.

Il diritto islamico, come ogni diritto confessionale, è volto al raggiungimento di finalità sacre ed ultraterreni. E’ dunque inevitabile che la “morale” si sostituisca alla “legge” e che i concetti di “peccato” e “reato” si confondano. Proprio per questo motivo, tra i reati più gravi, puniti con la flagellazione o la pena di morte, si annoverano anche la bestemmia, l’apostasia e l’adulterio. Leggi il seguito di questo post »

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