WOMAN's JOURNAL

Ha senso parlare di letterartura lesbica? Intervista a Sarah Sajetti

Lo scorso ottobre è uscito per Robin Edizioni Storie di streghe e di delitti, secondo romanzo di Sarah Sajetti, scrittrice, attivista per i diritti degli omosessuali, redattrice e poi direttrice editoriale della rivista lgbtq Babilonia, caporedattrice di Reallife e ora direttrice della collana QL2 di Robin. Seguito di Volevo solo un biglietto del tram (2008), questo giallo racconta una nuova avventura di Chiara, giovane donna omosessuale, trasferitasi da Milano per vivere con la compagna Alessandra nel Monferrato, dove si ritrova coinvolta nella vita della piccola comunità rurale che la ospita e in una serie di delitti.

Cogliamo l’occasione per fare a Sarah Sajetti qualche domanda sulla realtà di cui parla il suo romanzo e, più in generale, sulla narrativa che racconta donne e relazioni lesbiche.

Rispetto alla loro relazione, la protagonista e la sua fidanzata si comportano in modo diverso: Chiara si sente libera e sicura, Alessandra la nasconde. Perché? Chissà! Ho descritto una situazione che si verifica spesso, ma per la quale purtroppo non ho spiegazioni. L’omofobia interiorizzata è uno dei problemi più grandi che gli omosessuali debbano affrontare, quello che fa sì che si auto-boicottino sempre e comunque. E molti di loro neppure se ne accorgono!

A un certo punto della storia Alessandra dice a Chiara: “hai sempre propugnato la necessità di uscire allo scoperto per modificare la mentalità delle persone che ci stanno accanto”. Si può considerare, questa, la ragione, o una delle ragioni, per cui Sarah Sajetti scrive? No, non è la ragione per cui scrivo, ma sicuramente è il motivo per cui le mie protagoniste sono omosessuali. Credo che la visibilità sia lo strumento più efficace che gli omosessuali hanno per cambiare gli stereotipi e abbattere i pregiudizi e l’ostilità degli altri: non solo quella dei personaggi pubblici, che secondo me hanno il dovere di uscire allo scoperto per offrire dei modelli positivi, ma anche quella delle persone normali, che ne parlano a parenti, amici, colleghi, compagni di studi e di sport.

Essere una coppia lesbica in una grande città o in una comunità rurale sono due cose diverse? Se non sei dichiarato e non hai intenzione di rendere pubblica la tua omosessualità sì, è molto diverso, perché la città garantisce un maggiore anonimato, altrimenti è uguale. Nella mia esperienza, infatti, anche nelle zone meno urbanizzate quello che interessa davvero alle persone sono le tue qualità umane, a patto che l’omosessualità non sia tenuta segreta, non sia qualcosa di cui si sia i primi a vergognarsi: ho conosciuto omosessuali nati e cresciuti in posti microscopici perfettamente integrati nella comunità.

La scelta di Alessandra di nascondere un aspetto della propria identità genera conflitti nella coppia. In base alla tua esperienza, è un fatto che si verifica spesso oggi in Italia? Capita ancora, sì, e devono farci i conti anche i maschi omosessuali. Vivere una relazione segreta può essere anche eccitante nelle prime fasi di un rapporto, ma alla lunga diventa un limite alla costruzione di un percorso comune. Conosco persone che in occasione dell’annuale visita della madre di uno dei due partner smobilitano casa nascondendo ogni traccia di cultura queer, altre che non passano mai le feste assieme o per le quali camminare per mano per strada è un lusso inconcepibile. Come fanno due persone a far crescere una relazione in queste condizioni?

Ci sono state reazioni da parte dei lettori dovute all’identità sessuale della protagonista e di altri personaggi dei tuoi romanzi? Non ho mai ricevuto critiche per la scelta di parlare di personaggi omosessuali, ma temo che, fatta eccezione per i miei amici, non siano moltissimi gli eterosessuali che li leggono! C’è ancora questo pregiudizio: se parli di omosessuali scrivi per gli omosessuali.

In un’intervista a proposito del suo libro Orgoglio e privilegio. Viaggio eroico nella letteratura lesbica (Il dito e la Luna, 2003), Margherita Giacobino afferma: “La letteratura lesbica è per me una categoria di comodo, uso questa espressione per indicare tutti i libri in cui entra in gioco il punto di vista lesbico, in modo più o meno dichiarato. Tutti quelli in cui una lesbica non si sente negata dalla presunzione che l’eterosessualità sia unica e universale. Come tale, è una categoria letteraria trasversale, per usare una parola di moda: comprende libri noti e non, di ogni e qualsiasi genere letterario, di letteratura alta, bassa o di media statura, belli e brutti, tragici o a lieto fine, ecc… “. Secondo te, ha senso parlare di narrativa lesbica o omosessuale? Sono d’accordo con Margherita Giacobino, do alla locuzione “letteratura lesbica” esattamente la stessa valenza e infatti con il mio editore, Robin Edizioni, abbiamo lanciato una collana digitale di letteratura lesbica, QL2, che pubblica libri appartenenti a qualsiasi genere letterario purché entri in gioco il punto di vista lesbico. E anche sul valore di questa letteratura concordo con Giacobino: superare la visione unica dell’eterosessismo. Inoltre credo che le lesbiche abbiano il diritto, come tutti gli altri, di riconoscersi nei personaggi e nelle storie, di immedesimarsi, di partecipare di un immaginario che le riguardi in maniera specifica.

Puoi citare alcuni libri che ritieni particolarmente significativi da questo punto di vista? Sarò presuntuosa e citerò per primo il mio primo romanzo, Volevo solo un biglietto del tram, che è piaciuto proprio perché le lettrici si sono riconosciute nelle situazioni descritte. Da Milano a Bologna, a Roma, a Firenze le disavventure di Chiara sono state riconosciute come proprie dalle donne che l’hanno letto e questo non può accadere leggendo libri eterosessuali che raccontano dinamiche e inneschi psicologici completamente diversi. Ovviamente ce ne sono altri, come gli stessi libri di Margherita Giacobino, quelli di Sandra Scopettone o di Lola Van Guardia.

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La parità fa bene all’economia: il punto di vista di Daniela Del Boca

Si intitola Valorizzare le donne conviene (il Mulino, 2012) l’ultimo libro di Daniela Del Boca, scritto con Letizia Mencarini e Silvia Pasqua, professoresse rispettivamente di Demografia e di Economia all’Università di Torino. Del Boca avrebbe voluto intitolarlo Una rivoluzione bloccata e con le coautrici ha tentato di convincere l’editore, ma le ragioni commerciali hanno prevalso.

Che cosa intende con “rivoluzione bloccata”? Lo ha spiegato il 27 settembre a Padova, alla conferenza Womenomics: perché valorizzare le donne conviene, del ciclo Segnavie (Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo), per la quale è stata intervistata da Tonia Mastrobuoni, giornalista della Stampa e autrice di Gioventù sprecata. Perché in Italia si fatica a diventare grandi assieme a Marco Iezzi.

Esiste un dato oggettivo: in Italia ci sono poche donne nel mercato del lavoro, il 46,7%, contro una media europea del 58,2%, oltre 13 punti percentuali al di sotto dell’obiettivo di Lisbona. Ed esiste un’ipotesi di studio: se il gap tra livello di occupazione femminile e livello di occupazione maschile fosse colmato, il Pil aumenterebbe dal 7 al 9%. Ecco una notizia che può apprezzare anche chi non si accontenta del puro principio (la garanzia della parità). È la womenomics a studiare le cause del ritardo ed escogitare soluzioni possibili.

Qual è il punto critico del sistema italiano? Il costo della maternità Leggi il seguito di questo post »

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Bambole in carne e ossa

di Luisa Perona

Chi è Natasha Walter? È una giornalista inglese che negli ultimi dieci anni si è occupata di femminismo. Per Virago UK ha pubblicato Bambole viventi. Il ritorno del sessismo, tradotto in Italia da Ghena. Il libro è nato dall’esigenza dell’autrice di

mettere in discussione la promozione dell’esasperata femminilità tra le donne dell’attuale generazione […] la cultura claustrofobica che insegna a molte ragazze che è soltanto attraverso lo sfruttamento della loro attrattiva sessuale che avranno modo di affermarsi”

come si legge su Books Blog.it. Walter aggiunge: “Certamente ogni donna deve poter scegliere se accollarsi ogni aspetto dello stereotipo femminile”. Il suo saggio nasce da conversazioni e interviste con donne di cultura anche diversa, con vite ed esperienze talvolta opposte. Chissà cosa sarebbe stato Bambole viventi se la scrittrice avesse incontrato Anastasiya Shpagina, Dakota Rose, Venus Palermo e Valeria Lukyanova. Leggi il seguito di questo post »

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La depressione post partum e il baby blues in libreria

Se entri in libreria e cerchi qualcosa sulla depressione post partum, non trovi niente. Allora chiedi al libraio o alla libraia. Silenzio, mugugno, un’espressione che vale più di mille parole: “Depressione… parto… Dove vado a rovistare? Psicologia, maternità, puericultura… Qualcosa ci dovrà pur essere.” Comincia così la ricerca tra gli scaffali, fronte corrugata e dito su e giù per i dorsi di copertina. L’avventura ha due possibili epiloghi: a) non salta fuori niente, b) compare un libretto datato, scritto per studenti universitari e operatori del settore bisognosi di un ripasso. Leggi il seguito di questo post »

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“Tuba”, un angolo di lettura ed erotismo al quartiere romano del Pigneto

Dopo aver fatto visita alla Libreria delle donne di Milano (vedi l’articolo), facciamo la seconda tappa della nostra esplorazione dei luoghi creati da donne per le donne a Roma, in via del Pigneto 19, dove si trova Tuba, “un bazar erotico, libreria delle donne, uno spazio espositivo, un luogo d’incontro”, come si legge sul sito. L’hanno fondata Barbara Piccolo, 37 anni, e Barbara Kenny, 34, che ha risposto alle nostre domande. Leggi il seguito di questo post »

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Corpo, sesso e società nell’ultimo libro di Pat Carra

“Tu non conosci il tuo corpo.” “Nessuno ci ha mai presentati.” Comincia così l’ultimo libro di Pat Carra, Sex of humour, pubblicato a settembre 2011 da Fandango Libri, una raccolta di vignette sul tema della sessualità raccontata nella lingua ironica, disincantata e poetica delle donne. Sono 144 pagine di storie, riflessioni appuntite, battute amare, parole di tolleranza e sovversione, annunci a luci rosse. Ci sono dentro corpi, suore e burqa, letti e divani, coppie e amiche, Veronica Lario che “sputa finalmente il rospo”, madri, insegnanti, oculiste esibizioniste… Il tono è gentile ma deciso, gli strumenti matita e sguardo critico, il soggetto il sesso come elemento e metafora del rapporto tra uomini e donne, il risultato lo svelamento e il ribaltamento delle dinamiche tradizionali dei rapporti tra i generi, con la cronaca e la politica a intessere la trama di ogni illustrazione. La lettura è un piacere, pur non essendo evasione, è benefica, fortificante. Leggi il seguito di questo post »

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Le parole delle donne

Nell’anno del centocinquantesimo anniversario dell’Unità d’Italia, Ponte alle Grazie ha pubblicato Parola di donna, una raccolta di cento parole, spiegate da altrettante esperte, che hanno trasformato la nostra società nel corso della storia recente e che della trasformazione sono il prodotto.

Sono “le parole del femminismo”, spiega nell’introduzione Ritanna Armeni, curatrice del volume, giornalista e scrittrice, autrice tra l’altro de La colpa delle donne. Dal referendum sull’aborto alla fecondazione assistita: storie, battaglie e riflessioni (2006). Leggi il seguito di questo post »

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Cultura al femminile: intervista alle ideatrici della libreria delle donne di Milano

Inauguriamo una serie di presentazioni di luoghi creati da donne per le donne attraverso interviste alle loro fondatrici e animatrici. Sono luoghi di incontro, scambio, creazione di senso e azione, fucine di cultura, energia, identità. Scopriremo quali forze li hanno generati, quali sono i loro obiettivi e le loro modalità di azione, quale ruolo rivestono nella società contemporanea e nella comunità in cui si collocano. Andremo alla ricerca, insomma, di reti fuori dalla rete.

Cominciamo con una realtà storica, la Libreria delle donne di Milano in via Pietro Calvi 29 (nelle foto, di Dida Biggi), per la quale risponde alle nostre domande Renata Dionigi.

Quando è nata la Libreria delle donne di Milano e a che scopo?

È nata nel 1975 da un gruppo iniziale di 15 donne, diverse per età, esperienze, interessi, con il progetto di provarsi in una impresa di sole donne e mettere in evidenza la produzione letteraria femminile, a quel tempo molto trascurata.

Chi sono le donne della Libreria?

Al nucleo iniziale si sono aggiunte altre socie che, con l’apporto di esperienze e saperi nuovi, hanno dato continuità e ampliamento al progetto: ora la libreria conta più di 60 socie.

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