WOMAN's JOURNAL

Quando gli uomini fuggono, intervista a Lorella Zanardo (Prima parte)

Lorella Zanardo è spesso bersaglio di critiche da quando il suo documentario Il corpo delle donne, che denuncia lo sfruttamento del corpo femminile in tv, ha riscosso un grande successo in rete. Più di 3 milioni e mezzo di persone l’hanno visto e solo grazie al tam tam del web. Milanese, 53 anni, formazione aziendale, degli attacchi non sembra preoccuparsi. Nemmeno di quelli di Striscia la Notizia, il programma di Antonio Ricci su Canale 5, che ha prima realizzato un contro-servizio intitolato il Corpo delle donne 2, in cui si tenta di smontarne le argomentazioni, quindi l’ha bloccata sotto casa accusandola di avere distorto la realtà. Ancora ieri, il programma tornava a difendere il ruolo delle veline (guarda i servizi di Striscia).  Nonostante questi episodi Zanardo continua il suo lavoro, intervendo nelle scuole di tutta Italia per innalzare la consapevolezza sul ruolo degli stereotipi di genere. Anche grazie a lei il dibattito sulla condizione della donna italiana – spesso casalinga ed emarginata nel lavoro – è ripartito. A Woman Journal racconta cosa c’è stato prima del documentario, le ragazze e i ragazzi che incontra ogni giorno e cosa la fa davvero arrabbiare.

È appena tornata dall’’Eige, il neonato Istituto europeo sull’uguaglianza di genere che l’Unione ha creato per raccogliere comparativamente dati sulla parità tra i sessi nei 27 Stati membri, di cosa avete parlato?
Di stereotipi, ci siamo confrontati a livello europeo, molti i giornalisti presenti anche freelance. L’Eige sta nascendo adesso e hanno voluto raccogliere impressioni da chi si occupa di questi temi. Ho raccontato dell’Italia, una situazione anomala di cui loro comunque sono al corrente. Ho parlato di Nuovi occhi per la tv, il progetto che porto avanti nelle scuole e della mia esperienza precedente.

Cosa faceva prima di realizzare il video e occuparsi di stereotipi?
Sono stata marketing manager in una grande azienda (Unilever, ndr) quando di donne ancora non ce ne erano. Ho vissuto sulla mia pelle cosa questo volesse significare. L’interesse di oggi a questi temi parte da lì.

Ci può raccontare degli episodi?
Era una multinazionale straniera, di discriminazione “all’italiana”, rozza e pesante, non l’ho mai provata ma subivo una omologazione che crea comunque dei danni. Io come altre in quegli anni per essere presa dovevi essere più brava di un uomo. La cultura della valorizzazione delle diversità negli anni Ottanta non c’era. Dovevi avere le qualità di un maschio per entrare.

Avevo una laurea, un master e tre lingue, ero più brava degli altri, solo neolaureati. Quando sono arrivata il direttore mi ha presentato agli altri dicendo: “Ho preso la Zanardo, è una donna ma ha le palle”. Allora l’ho vissuto come un complimento ho capito poi, che sarebbe stato un macigno, le palle a un certo punto pensavo di averle veramente. Come molte altre manager ho cominciato a non sentirmi bene, a somatizzare. Anche se riuscivo a conservare un minimo di vita privata.Mi faccio tenerezza se penso che portavo capelli lunghissimi, sopra il sedere, a tagliarli anche solo di mezzo centimetro piangevo. Credo fosse, anche se allora non me ne rendevo conto, l’ultimo baluardo dell’essere femmina da difendere.

Lorella Zanardo durante la manifestazione al Palasharp il 5 febbraio per chiedere le dimissioni del Governo Berlusconi. Foto Vittorio Zunino Celotto/Getty Images

E poi cosa è successo?
Sono andata a Parigi, ho avuto una promozione e sono diventata direttore marketing in un’altra azienda. Poi, ho cercato di capire i segnali che mi mandava il mio corpo: dormivo poco, ero ansiosissima, disturbi molto comuni fra le donne manager anche se stentano a confessarlo, perché devono raccontare di essere più in gamba, più “fighe” di quello che realmente si sentono di essere. Il mio lavoro mi piaceva molto ma l’ambiente era totalmente maschile. Ricordo una job evaluation, le skills al femminile non erano nemmeno comprese tra i parametri di valutazione. Il direttore marketing fa: “Zanardo molto bene e in più è molto simpatica”. Quello che lui chiamava simpatia era l’empatia, cioè la capacità di mettermi in sintonia con i colleghi e fare le cose in metà tempo. Ma se non è inserito nella job evaluation non viene retribuito, molte caratteristiche delle donne non hanno un nome e quindi non vengono pagate. Poi le cose sono cambiate. In Unilever sono stata la prima donna, non ho sperimentato il soffitto di vetro, ma bisognava uniformarsi.

Rifarebbe il Corpo delle donne, dopo i molti attacchi, come Il Corpo delle donne 2, il video di Striscia la Notizia che imita il suo documentario?
Mi ha fatto ingrassare otto chili in due anni, ma sto facendo una delle cose più belle che mi potesse capitare. Sono in una fase meravigliosa della mia vita. Ho 53 anni, due figli fantastici. Li ho fatti tardi, non c’è un momento per tutte. Sì, lo rifarei.

Ha mai avuto un confronto con Antonio Ricci?
Gli ho detto più volte incontriamoci ma non c’è stato modo. Contro Striscia e Canale 5 non ho mai detto niente, forse nel video c’è un minuto dedicato a loro, io denuncio un sistema, loro e di altri. Probabilmente ci ho visto giusto se si sono sentiti attaccati.

Penso che oggi il maschile, non di Ricci, ma degli uomini che fuggono sia un problema.Vedo molte donne coraggiose ma uomini che fuggono. Bisogna rispolverare il coraggio. Credo che la gente stia apprezzando questo di me, che mi espongo, ci metto la faccia, non mi nascondo. Comunque ho avuto una reazione del pubblico che ha visto il servizio di Striscia incredibile (Guarda il programma del 13 maggio). Mi sono arrivati moltissimi commenti e email di sostegno.

Secondo lei cosa spinge una ragazza a fare la velina?
È in assoluto la professione femminile più raccontata. Le veline, soubrette, meteorine sono presenti ovunque in tv, insieme alle presentatrici e alle conduttrici di tg. È una professione ambita, glamour. È com’era fare Miss Italia una volta. Se una non ha molte alternative perché non dovrebbe farlo?

Quali provvedimenti si dovrebbero prendere?
Da una parte chiedere alle televisioni, pubblica in particolare, di avere rispetto delle donne. Non si tratta di un po’ di carne in più ma delle umiliazioni, di rendersi oggetti. E poi alzare il livello di consapevolezza degli ascoltatori in modo tale che la gente chieda anche altro.

Ma come si alza la consapevolezza?
Abbiamo un pubblico educato da 30 anni di programmi orrendi e idioti, che mi dice: “ma cosa ci vuole fare, la televisione è così”. Anche gente colta obietta: “ma tanto è così…”. Ma non è vero, guarda solo quello che noi abbiamo scatenato, cambiare il mondo si può. 

Mio figlio di 15 anni mi ha detto di non preoccuparmi, che sono “fighissima” perché sono riuscita a dare fastidio a Mediaset. Da fighissima, quindi, mi comporto. Poi, c’è il lavoro nelle scuole, per insegnare che ci si può divertire senza farsi umiliare…

Seconda parte

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Filed under: diritti, economia, interviste, Politica, società, stereotipi, video, , , , , , , ,

3 Responses

  1. Anonimo ha detto:

    […] interessante la prima parte Quando gli uomini fuggono, intervista a Lorella Zanardo (Prima parte) WOMAN's JOURNAL La seconda parte Quando gli uomini fuggono, intervista a Lorella Zanardo (seconda parte) […]

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