“I controlli dei carabinieri e dei Nas richiesti dal ministro della Salute Renato Balduzzi, su segnalazione dell’Agenas – afferma il presidente dell’Aogoi Vito Trojano – si inseriscono in un contesto critico che abbiamo denunciato da molto tempo. Non siamo certamente contrari a far emergere un’eventuale “utilizzazione opportunista del ricorso al parto cesareo” ma non vorremmo che l’attenzione venisse deviata da quelle che sono le vere problematiche all’origine del fenomeno, che sono strutturali e organizzative”.
Sono le parole del presidente dell’associazione dei ginecologi italiani a Quotidiano Sanità, in riferimento all’operazione di controllo che i Nas stanno effettuando nei reparti ginecologici degli ospedali italiani. I controlli nascono dall’esigenza del ministero della Salute di appurare le cause dell’uso sproporzionato del taglio cesario nei reparti maternità (più rischioso per la salute delle donne e dei loro bambini) come anche la relazione della “Commissione parlamentare d’inchiesta sugli errori sanitari e sulle cause dei disavanzi regionali” ha messo in luce.Per Trojano, è necessario “rendere operativo quanto previsto dal Piano per il riordino dei punti nascita approvato dalla conferenza Stato Regioni il 16 dicembre 2010” più che indagare sulla condotta dei medici che, come anche il rapporto della Commissione ha evidenziato, è nella gran parte dei casi adeguata. In 90 procure analizzate ci sono state due condanne di personale sanitario, per lesioni colpose e omicidio, su 357 procedimenti penali.
Il nodo da sciogliere rimane quello della riorganizzazione dei punti nascita, troppi e poco efficienti. Come abbiamo raccontato in un precedente articolo.
“In generale la situazione è preoccupante – commenta Walter Ricciardi, direttore dell’istituto d’igiene dell’Università Cattolica di Roma e componente del comitato scientifico di Onda – anche se eterogenea, espressione di un Paese che in alcune aree vive una situazione drammatica per numeri di cesarei e qualità dei punti nascita, in altre positiva. In alcune strutture si raggiunge il target fissato dal ministero, del 20% di parti chirurgici, in altre zone, invece, il cesareo è una certezza. C’è una corrispondenza tra regioni che hanno difficoltà finanziarie, che sono in piano di rietro, e problemi nell’ erogazione dei servizi, come Lazio, Campania, Calabria, Sicilia, Puglia e Sardegna”.
Ma come ci si può difendere da questa situazione? “Le donne non possono fare molto, perché quando il ginecologo vuole fare il cesareo la partoriente non insiste. Quello che possono fare è cercare di partorire in strutture grandi, dove avvengono molti parti. E poi, dovrebbero appoggiare la chiusura dei punti nascita piccoli e invece, spesso si fanno strumentalizzare dalle amministrazioni locali, perché vogliono che i figli nascano sotto casa ma dove si fanno 100 parti l’anno è molto difficile che non ci siano problemi”.
Filed under: salute, cesareo, commissione d'inchiesta errori, piano di rientro, punti nascita